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Pallavolo LeNostreInterviste – Juantorena: “Ho ancora fame… e non ho finito di sognare”

(Laerte Salvini per iVolleymagazine.it) Immaginare la carriera di Osmany Juantorena è come sfogliare un album di ricordi, non quelli dell’atleta, ma di un’intera platea di appassionati che hanno potuto seguire il percorso di un fuoriclasse: gli anni d’oro a Trento, i trionfi con la Lube, l’argento olimpico di Rio e la delusione di Tokyo. Poi l’ultima tappa in Italia, la stagione complicata a Monza. Oggi, a quarant’anni, lo ritroviamo alle Canarie, in Spagna, con la maglia del Guaguas Las Palmas, il caldo del tifo iberico da un lato, la voglia di lasciare il segno dall’altra: “È un’esperienza nuova, sicuramente. Il livello non è quello della Superlega, ma la Superliga spagnola si è alzata tantissimo rispetto all’anno scorso. Ci sono giocatori finlandesi, argentini, cubani, tanti giovani che non conoscevo, ma che sanno giocare bene. Non sarà facile: ci sono squadre organizzate, difendono tanto, coprono, e per fare un punto bisogna sudare. Però la nostra squadra è buona e lotteremo per tutti gli obiettivi.”

RIPARTIRE – “Purtroppo l’anno scorso è andata come andata. La gestione della spalla non è stata delle migliori, ma ora sto bene e credo di aver fatto la scelta giusta. Avevo altre possibilità, ma qui si sta bene: si parla spagnolo, c’è il caldo, e per riprendermi era quello che serviva. Poi tireremo le somme a fine stagione, ma per ora va tutto bene.” Il nome di Juantorena era stato accostato ad altri club in Italia, ma lo schiacciatore spiega la sua scelta: “Onestamente non era più una priorità la SuperLega. L’Italia ha il campionato più bello del mondo, ma è anche stressante. Dopo la brutta esperienza di Monza avevo bisogno di un ambiente più tranquillo. Avevo bisogno di tornare a divertirmi, e qui sto trovando esattamente questo. L’obiettivo però resta sempre lo stesso: vincere. Si gioca per quello.”

L’ultimo anno non è stato facile in terra brianzola, ma nella carriera di Juantorena ai momenti di gloria si sono alternate anche delle delusioni. Quando gli si chiede chi sono i veri amici in questo ambiente, Osmany risponde: “Difficile dirne uno o due, perché rischierei di dimenticare qualcuno. Ho avuto tanti amici, tanti compagni che ancora oggi mi scrivono. Durante l’infortunio in tanti mi hanno sostenuto. Ma chi mi ha dato davvero la forza di non mollare è stata la mia famiglia: mia moglie, i miei figli, mia madre. Sono loro la mia base.”

STRESS – La conversazione si sposta sul tema del calendario, sempre più congestionato: “Il problema in Italia non è la qualità, è il ritmo folle. Chi è in Nazionale ha un’estate interminabile, poi neanche il tempo di respirare e ricomincia il campionato. Ho visto tanti infortuni, troppe partite. E adesso pure la Supercoppa spostata a dicembre, in Arabia… si viaggia ovunque, tutto per visibilità e interessi economici, ma dei giocatori si parla poco. Siamo diventati dei robot. In Italia serve più attenzione alla gestione fisica: siamo persone, non macchine”. Tra impegni di club e quelli con le rispettive nazionali, giocatori del calibro di Osmany, avere equilibrio è tutto per arrivare, come nel caso del cubano giramondo, a vivere la grande pallavolo con oltre venti anni di carriera alle spalle “Serve una gestione intelligente. Io ho sempre cercato di capire quando spingere e quando riposare. Ma oggi è ancora più difficile: il Mondiale si gioca ogni due anni, come l’Europeo. La VNL ti obbliga a convocare quasi gli stessi giocatori dell’anno precedente. È una gabbia. Bisogna saper dosare le forze, e non è facile.”

RICORDI AZZURRI – La mente torna indietro al periodo azzurro del nativo di Santiago di Cuba, l’argento di Rio 2016 da protagonista, la delusione di Tokyo 2020 impressa, in quella che è stata la “Last Dance” Di Juantorena con la maglia azzurra: ”Il rimpianto resta: le Olimpiadi di Tokyo. Quella partita con l’Argentina mi rimane qua, perché era l’ultima mia grande occasione. Avrei voluto almeno giocarmi una medaglia. Loro giocarono meglio, più in forma. Noi eravamo quello che eravamo.” Poi, con un sorriso, aggiunge: “Il ricordo più bello invece è il primo. L’esordio con la maglia azzurra, a Trento. Brividi. Poi la vittoria contro la Polonia nel 2015, quella della qualificazione a Rio, dovevamo vincere 3-0 o 3-1, altrimenti fuori. O la semifinale olimpica con gli Stati Uniti, o la qualificazione a Bari contro la Serbia. Quelle partite restano dentro.”

IDENTITÀ – Parlare con Osmany può misurare solo in parte la figura del campione, 25 titoli vinti con le maglie di Club, dal 2003 al 2021 conditi da 31 riconoscimenti individuali:“La pallavolo mi ha dato tutto. Io le ho dato tanto, ma lei mi ha dato di più. Ho cominciato per gioco e mi ha cambiato la vita. Ho avuto la fortuna di giocare con grandi società e grandi campioni. È chiaro che non sono più lo stesso Juantorena di dieci anni fa, ma penso di poter ancora dire la mia. Voglio aiutare la mia attuale squadra, far conoscere questo campionato e provare a vincere ancora. Perché la cosa più bella resta alzare un trofeo. Potrebbe essere l’ultimo o il penultimo anno, quindi voglio godermelo fino in fondo. La fame è sempre quella.”