BeachVolley Tokyo 2020 – Daniele Lupo: “Ogni volta è la prima volta A Tokyo andiamo per vincere”

(Carlo Lisi per il Corriere dello Sport) In Brasile, dove il beach volley è quasi una religione lo chiamano “o’ Maestro”, riprendendo una vecchia tradizione che regala soprannomi significativi ai campioni della sabbia. Daniele Lupo, romano nato nel maggio di 30 anni fa, un fuoriclasse che ha già scritto pagine indelebili del beach volley italiano e mondiale, che si appresta a vivere la terza Olimpiade consecutiva, sempre in coppia con Paolo Nicolai. Due personaggi diversi a livello caratteriale, che si completano perfettamente, in campo e fuoricampo, come dimostrano i 10 anni di carriera vissuta insieme condita da un argento olimpico e 3 titoli Europei.
Daniele sprizza entusiasmo alla vigilia del torneo di Tokyo 2020
Terza vigilia olimpica, che differenza rispetto alle due precedenti?
“Si può pensare che la tensione prima delle Olimpiadi è sempre uguale, ma in realtà le situazioni cambiano, perché ogni cosa che fai nello sport come nella vita è differente da quella precedente. A Londra, la qualificazione è stata quasi una cosa inaspettata. C’erano solo 12 tornei da giocare e noi siamo stati bravi a sfruttarli. Andare alle Olimpiadi era qualcosa in più. A Rio De Janeiro avevamo già la consapevolezza di poter giocare per una medaglia. A Tokyo, non ti nascondo che ci andiamo con l’obiettivo di vincere”.
Per Tokyo vi si siete qualificati con largo anticipo ed al di là del posticipo, la cosa vi ha permesso una preparazione più attenta
“Si è proprio così. Anche l’ultima parte della preparazione è stata mirata. Abbiamo saltato l’ultimo importante torneo a Gstaad ed abbiamo lavorato intensamente per 4 settimane a Formia insieme a due coppie molto forti come i norvegesi Mol-Sorum (n.1 al mondo ndr) ed ai cechi Perisic-Schweiner (n.5). Una scelta importante perché ci ha fatto vedere e capire a che livello siamo arrivati. La qualificazione anticipata è stata positiva anche a livello psicologico, ci siamo subito focalizzati sul grande obiettivo dei Giochi Olimpici”.
Il beach volley a sta crescendo sempre di più anche a livello tecnico
“Il livello di gioco si è alzato tantissimo. Adesso ci sono molte squadre forti. Basta guardare la composizione delle pool olimpiche per rendersi conto che sono tutte molto equilibrate. Ci sono forze nuove che emergono come ad esempio il Qatar che ha un duo molto competitivo; ci sono i ragazzi cechi allenati da Andrea Tomatis, ci sono i norvegesi, gli olandesi e diversi altri. Sono almeno 10 le coppie si presentano alle Olimpiadi per vincerle: sarà davvero un torneo molto equilibrato”.
Lei, Paolo e Matteo Varnier il vostro tecnico formate una bella famiglia?
“Si abbiamo vissuto insieme tanti momenti belli e brutti. Ma questa è normale nella vita e nello sport. Siamo sempre rimasti focalizzati sul nostro obiettivo che è quello di migliorarci ogni giorno: abbiamo questa mentalità in comune che ci ha portato sino a qui”.
Avete già giocato in passato in Giappone?
“Abbiamo giocato una volta a Yokohama un torneo del circuito 6-7 anni fa. So che li il clima è davvero pesante, ma devo dire che a Formia dove ci siamo allenati l’ultimo mese non è stato da meno con il 90% d’umidità”.
Dopo Tokyo oltre al beach volley ha intenzione di mettere su famiglia?
“No – risponde ridendo – E’ ancora presto. Ho ancora tanti progetti da realizzare nel beach volley: io amo questo sport e voglio dare il massimo”
Si racconta che come hai qualche ora libera corre sulla spiaggia di Fregene, dove abita, per mettersi a giocare, magari una partitella in famiglia
“Ho sempre discusso con tutti gli allenatori, l’unico che mi sosteneva era Mike Todd (grande campione statunitense che ha guidato la nazionale azzurra ndr). Però devo dire che anche con Varnier abbiamo trovato un giusto compromesso, ormai sono cresciuto e so quando posso giocare e quando no.”
Una sua particolarità è che non ha mai giocato a pallavolo, sempre e solo beach
“Ho sempre giocato solo a beach, non so quanti lo abbiamo fatto nel resto del mondo, tra i professionisti. Forse per questo ho una tecnica tutta mia, un po’ particolare”.
Una tecnica particolare che l’ha portato sul podio olimpico, impresa premiata “materialmente” con il ruolo di portabandiera nella cerimonia di chiusura a Rio. Quel tricolore che spera di avere ancora in mano per festeggiare una grande impresa anche nel paese del Sol Levante.